𝗘𝗠𝗜𝗟𝗜𝗔 𝗣𝗘𝗥𝗘𝗭

Emilia Perez.

Jacques Audiard dirige un musical bellissimo, con un sound quasi tribale, ambientato in Messico.

Protagoniste tre donne. Emilia Perez, Rita Castro, Jessica.
Emilia Perez prima della magica mutazione era uomo. Era Manitas del Monte, un boss spietatissimo in un mondo maschile altrettanto feroce. La sua però non è solo una trasformazione di genere, è una metamorfosi totale. La vagina acquisita non rappresenta il semplice simbolo di nuova identità sessuale è un cambiamento culturale. Lei assorbe il sacro femminino. Il suo passaggio a un’altra dimensione corporea è profondo e arcaico. Emilia Perez assume tutte le qualità della grande Madre, rifiuta la violenza testosteronica del suo mondo precedente.

𝑪𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒊𝒍 𝒄𝒐𝒓𝒑𝒐 𝒔𝒊 𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂 𝒍’𝒂𝒏𝒊𝒎𝒂. 𝑪𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒍’𝒂𝒏𝒊𝒎𝒂 𝒔𝒊 𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂 𝒍𝒂 𝒔𝒐𝒄𝒊𝒆𝒕à canta Rita Castro.

Emilia, donna, percepisce i messaggi profondi dell’anima, fa volontariato per aiutare famiglie disperate a ritrovare i corpi dei propri familiari uccisi dalle gang. C’è un riscatto totale, fino alla sacralizzazione, in cui rappresentata come una santa viene portata in corteo. Il sacro femminino appunto.
Uomo-Donna-Santa.
Altre scene importanti confermano questa teoria, per esempio la avvocata Rita Castro costretta dal Sistema a far assolvere un imputato facendo passare il suo femminicidio per suicidio.

Il film è un elogio a un’auspicabile società al femminile. Non bisogna necessariamente essere donna o transgender per comprendere in sé la visione empatica, amorevole e generosa della vita. Molti uomini la coltivano già, mentre all’opposto ci sono donne culturalmente maschili. Una su tutte la Von der Leyen che insieme a una nutrita schiera di devote al patriarcato guerrafondaio e alla dittatura delle multinazionali hanno rinnegato la dimensione salvifica del “femminile”, l’unica possibile.

P.S. Secondo il mitico indovino dell’antica Grecia, Tiresia, che nella vita è stato uomo e donna “Se l’intensità del piacere amoroso è pari a dieci, una parte la gode il maschio e le altre nove la femmina”. Nove volte di più mica bruscolini.
Forse è per questo che una società culturalmente femminile è auspicabile?

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