Presentazione “Reietti” alla Cappella Orsini.
Reietti mi è piaciuto moltissimo, ho goduto delle invenzioni sorprendenti dell’autrice, e per quanto i racconti possano tracimare dalla nostra concezione di realtà, hanno radici ben piantate nella società in cui viviamo.
Se il titolo non fosse già stato usato da André Breton, questa raccolta si potrebbe anche chiamare “Antologia dello humor nero”, perché si ride certo, il linguaggio è discorsivo, divertente, a volte comicamente spietato, ma se ci stacchiamo da tutto ciò soffermandoci sul vero significato delle narrazioni ci troviamo di fronte a una realtà agghiacciante. Per questo mi è venuta in mente l’antologia di Breton, i poeti maledetti, Edgar Allan Poe e De Sade. La struttura narrativa è agrodolce, costruita da un insieme di sapori apparentemente opposti. Le parole come ingredienti creano una pietanza letteraria gustosissima, Rossella Monaco è una grande giocoliera delle parole, e non solo. Penso ai racconti filosofici di Voltaire. Ogni storia contiene un preciso sistema di idee, direi un’ideologia se non fosse diventata una parolaccia, e il suo lessico non è mai didascalico, l’autrice prende la lezione del grande Rossellini, raccontare l’arte cinematografica, letteraria, senza spiegarla, facendola scaturire dalla verità.
I suoi personaggi trasmettono concetti di filosofia, di vita, di come dovrebbe essere la vita, di come purtroppo non è, e lo fanno in maniera illuminante, spiritosa, crudele, con trovate geniali, pazzesche, senza mai scadere nella retorica. Mi soffermo su alcune.
Nel racconto “Molestie” il movimento Me too si è diffuso nell’Aldilà, dove una vecchia e sfatta società patriarcale cede il voucher di entrata in Paradiso alle anime femminili più conturbanti in cambio di servizietti sessuali.
In “Transformer”, “Zombi”, “Martire” le multinazionali farmaceutiche generano trasformazioni pacchiane, grotteschi cadaveri parlanti, kamikaze sensibili.
Ho trovato “Pomodori” e “God dog”, il tema è l’immigrazione e l’ambientalismo, i più poetici e fantastici. In “Gratia Planae” un gruppo di suore femministe invoca la papessa Giovanna a suon di oscenità, mentre in “Bee” l’uomo pecora se la fa con la moglie del suo “corponimo”, l’uomo cui deve “donare” gli organi. Con “Oggi a me domani a te” siamo nuovamente nell’ultraterreno. Qui la legge dominante è il contrappasso, i divoratori di animali diventeranno gli animali da divorare prigionieri negli allevamenti intensivi, ed è esilarante il ribaltone dei ruoli, come nel caso degli umani “sostenitori del sentimento dei pomodori” che nelle vesti di dolci pulcini finiscono nel tritacarne, o del protagonista che presa coscienza di essere diventato un vitello invoca la libertà, le fresche praterie e il latte della mamma.
Reietti critica il consumismo, il capitalismo, la spettacolarizzazione della mostruosità, la religione affaristica, i nuovi mercanti di schiavi e altro ancora.
E poi last but not least l’eros, argomento molto caro all’autrice. L’eros, è sparso dappertutto, sia nella sua versione di possesso, di mercificazione, di violenza, vedi per esempio “Ricambi” in cui le bambole robot da sesso sono ormai una realtà consumata, possono essere usate in ogni modo, anche per il femminicidio; sia nella sua parte gioiosa, il rispetto dell’altro, il piacere reciproco, il gioco, la “risata copulatoria”. L’eros nella sua versione sacrale è il filtro necessario per interpretare il mondo, per creare forti legami fra gli individui, per riscattare la società ostaggio di un patriarcato dominante da millenni apportatore di guerre e disastri ambientali.
Chiudo la recensione con una citazione dal racconto “Milf”: “ A Henri Laborit: una topa per essere felice ha bisogno di più topi”.
Luciano Roffi
Presentazione “Reietti” alla Cappella Orsini
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