Luciano Salce – L’ironia è una cosa seria
Luciano Salce ci manca. Ho avuto la fortuna di conoscerlo alla bottega di Vittorio Gassman. È stato prima un maestro poi un amico.
Racconto un piccolo aneddoto: un giorno siamo andati dalla famosa turca di via Giulia per farci leggere i fondi del caffè, lui però non ha voluto la divinazione, ascoltava interessato la mia.
«Perché?» gli ho chiesto,
«Ieri una yemenita mi ha letto il futuro in una sfera di cristallo e mi ha detto, se domani berrai il caffè da una turca avrai terribili dolori di pancia». Aveva la battuta sempre pronta. Riusciva a sdrammatizzare anche i momenti più dolorosi della sua vita. L’8 settembre del 1943 viene fatto prigioniero dai tedeschi e internato in un campo di lavoro nazista. Fugge, ma tradito da alcuni suoi connazionali viene deportato a Dachau, sarà libero solo nel 1945. Nel diario liquida quel periodo terrificante come «Due anni difficili»
L’ironia è dei geni.
Artista scomodo, coraggioso, anticonformista, indipendente, non piace alle élite politiche. Mette in ridicolo il potere, di qualunque “colore” sia. Tra i suoi capolavori “Il federale”, “La voglia matta”, “Fantozzi”, il bellissimo e semisconosciuto “Colpo di Stato”. Satira di fantapolitica girato quasi come un mockumentary racconta le elezioni politiche del 1972. La democrazia cristiana al potere è sicura di vincere, sostenuta dai soliti noti, il Papa con il suo entourage pretesco, plotoni di suore addestrati per costringere vecchietti e disabili a votare DC, memorabile la scena della monaca uscita dalla cabina elettorale con il nonno in carrozzella. Un piccolo incidente fa cadere la coperta che imbacucca il vecchietto, tolto il sipario di lana rimane il cadavere, il nonno in realtà è morto stecchito da una settimana. Non c’è solo la Chiesa tra i compari di merende democristiani, nel film sfilano loschi affaristi, banchieri, multinazionalisti e soprattutto i nostri padroni assoluti: gli americani. La DC non può perdere. Il demiurgo con la macchina da presa però decide il contrario. Vincono i comunisti. Da qui una girandola di avvenimenti caricaturali, a cominciare dalla semper serva e camaleontica TV di Stato pronta a trasmettere canzoni di sinistra antiborghesi…, “Se non è oggi sarà un altr’anno monache e preti lavoreranno…”
Lo zio Sam come prevedibile non ci sta, non perde le sue colonie per cederle ai russi, piuttosto le distrugge.
Una serie di missili atomici si ergono pronti a partire per annientarci. Five, four, three, two, one… non rivelo il finale.
Il film si può vedere su You Tube.
Terribile coincidenza con la nostra situazione attuale? Siamo nel 2022 ancora dominati dal padrone a stelle e strisce. Brevissimo cenno storico, nel 1943 gli americani, si ipotizza aiutati da Lucky Luciano, sbarcano in quella che Churchill definisce “Il ventre molle dell’Europa”, l’Italia, vengono per liberarci, così “a gratis”, va bé. Sempre grazie alla mafia, si ipotizza ancora che tra stragi e assassini di personaggi scomodi come importanti magistrati, tra cui Falcone e Borsellino, non ce li siamo più tolti.
Torniamo al parallelismo con il film. La civiltà del dollaro, per niente totalitaria, va bé, per proteggerci da un “altro” totalitarismo ci “obbliga” a entrare in guerra. Fantastico. Le erezioni nucleari sempre più turgide continuano a minacciarci e noi al solito ubbidiamo, sennò: Five, four, three, two, one… non rivelo il finale.
Ovviamente la pellicola fu censurata e osteggiata in tutti i modi per questo in pochi la conoscono. Il Grande Luciano Salce aveva tenuto testa ai nazisti cosa poteva spaventarlo ancora? Al momento attuale chi mai avrebbe il coraggio di fare un’opera di denuncia simile?
La maggioranza degli artisti è allineata alla società orwelliana.
À la guerre comme à la guerre.
L’ironia è una cosa seria, mostra curata da Emanuele Salce e da Andrea Pergolari, è un interessante percorso artistico e storico costruito con materiale principalmente inedito, tra foto, scritti, pagine di diario, filmati.
Da non mancare.
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